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Capricci senza controllo. Ovvero i ‘temper tantrum’

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dolcemamma
view post Posted on 12/5/2013, 16:47




Capricci senza controllo. Ovvero i ‘temper tantrum’

Se il bambino esplode in una specie di crisi isterica, i genitori devono tenere conto che la parte emozionale del cervello non è ancora bene sviluppata e che quindi ha perso il controllo. L’atteggiamento migliore: rassicurarlo con un abbraccio
di Franco Teruzzi

Nei bambini tutto è in crescita. Non solo il corpo, ma anche il loro cervello. Quando un bimbo esplode in capricci, papà e mamma devono tenerne conto: la parte emozionale del cervello infantile è in via di sviluppo. E pertanto, ancora incapace di svolgere appieno la funzione di controllare la loro emotività.

Il caso tipico è quello che la letteratura anglosassone riassume con la parola latina “tantrum”. Si tratta del classico loop, il circolo vizioso in cui il bambino parte con un capriccio di cui diventa esso stesso vittima.

La manifestazione isterica del capriccio prende il sopravvento sulla causa iniziale, e ad alimentare pianti e grida è adesso la perdita del controllo della situazione da parte del bambino stesso. In una progressione sempre più disperata. Sono le situazioni più critiche, in cui ogni tentativo di intervento, sia esso dolce oppure deciso, pare avere il solo effetto di amplificare gli effetti, anziché placarli.

“Quando il bambino comincia a perdere il controllo di se e delle sue emozioni, viene preso da una escalation di perdita di controllo: vorrebbe riprenderlo, ma non riesce - conferma Paola Marchionne. “Quello che comunica con il capriccio, quindi, non è più l'esigenza iniziale, magari di importanza relativa (il lecca lecca al supermercato), ma la sua incapacità di gestire la situazione”.

In questi casi occorre comprendere che il cervello è momentaneamente in tilt, vittima della sua immaturità emotiva. Dunque spiegazioni o interventi fermi se tardivi, una volta che la perdita di controllo è all'apice, risultano quasi sempre inadeguati. Ovviamente non esiste un metodo certo per risolvere queste situazioni. Dipende da caso a caso e soprattutto da bambino a bambino.

L'intervento un po' scioccante, come l'urlata secca o qualunque altro tentativo di distrazione capace di sorprenderlo o scuoterlo, possono avere un effetto anche immediato.

Ma il disagio del tantrum è spesso così parossisitico che forse è meglio tentare la via dolce. Porlo con calma di fronte a una scelta (per esempio se tutto è nato da una richiesta di un giocattolo, sottoporgliene due e chiedergli quale desidera), fargli sentire un contatto fisico rassicurante, a patto di mantenere, e dunque trasmettergli, calma e sicurezza. Accompagnando il tutto con parole semplici e rassicuranti.

Quale che sia il metodo vincente del caso, gli esperti consigliano, in particolare, di evitare di ricorrere a due tecniche che nel caso del tantrum hanno effetti certamente negativi. Non chiudere il bambino in una stanza da solo, lasciandogli gestire una situazione che per lui è assolutamente fuori controllo. E non imporgli degli ultimatum temporali (“se non smetti entro cinque minuti”.....).

Capricci dei bambini, come capirli

Osservare i propri figli consente di valutare i loro comportamenti.
di Franco Teruzzi

Il primo passo da compiere per capire meglio i capricci e allo stesso tempo il più difficile, è essere dei buoni osservatori. Osservare i propri figli, conoscerli giorno per giorno, mantenendo al contempo un occhio critico, consente di imparare a valutare i loro comportamenti. Capricci compresi.
I bambini sono piccole persone

Molte mamme e papà fanno un errore fondamentale: si dimenticano che anche un bambino, per quanto piccolo sia, è una persona. In miniatura, ma persona: con tutte le complessità che la caratterizzano. E così, se un grande concede a se stesso e agli altri adulti (magari con meno indulgenza), sbalzi umorali e capricci che giustifica con stanchezza, stress e problemi vari, non ha senso pensare che i bambini non possano averne a loro volta diritto.
Quale malessere o bisogno sta manifestando?

La mente di un bambino risponde a dei bisogni diversi da quelli di un adulto, e lo fa secondo processi mentali differenti. Ma è assolutamente sensibile agli stimoli esterni, che peraltro, in molti casi gli risultano più complessi da elaborare: una giustificazione in più al capriccio. Per esempio, per un bambino, in misura maggiore tanto più è piccolo, è talvolta difficile comprendere da solo i motivi di un malessere.

E ancora di più, è complicato esprimere le sensazioni che prova e quello che sta passando per il suo cervello nei momenti di disagio. Nei neonati, persino un banalissimo stimolo, come quello della fame, è inesprimibile se non con un pianto. Ecco quindi che il “capriccio” o anche la chiusura in se stessi rappresentano per loro il mezzo di comunicazione più facile. A tal punto che in molti casi manifestazioni sbrigativamente catalogate come capricci, in realtà non lo sono affatto.

“A partire da quando il bambino è piccolissimo, l'esperienza del genitore porta alla sua conoscenza - spiega Paola Marchionne, esperta psicopedagogista e consulente educativa -. Ad esempio, una neo mamma impara nel giro di pochissimo a distinguere il tipo di pianto del neonato. Piccole sfumature nel suono possono indicare esigenze diverse. Talvolta si tratta di legittime richieste, come quella del cibo, il latte materno, o del bisogno di attenzione, talaltra invece possono essere richieste meno importanti, piccoli capricci che possono anche essere trascurati o fermati con stratagemmi diversi per non assecondarli”.
I capricci rappresentano anche un test educativo

I capricci rappresentano un test educativo sia per il figlio che per il genitore. Si tratta di una manifestazione che a volte può essere davvero difficile da gestire e che può mettere a dura prova sia la parte richiestiva del bambino, che quella responsiva dell'adulto . “Per questo motivo, vanno a mio parere inquadrati, sin da subito, nella generale ottica educativa” continua la psicopedagogista. “La risposta che il genitore decide i dare ai capricci deve essere uniformata al suo modo di fare educazione. Si tratta, in sostanza, di una scelta educativa.”

“Ignorarli, non ignorarli, rispondere, cercare di spiegare, sgridare: qualunque sia la scelta, in fondo non è altro che lo specchio del modo in cui il genitore fa educazione. Prima ancora di capire qual è la risposta giusta al capriccio, quindi, è bene che ogni genitore abbia ben chiaro il modo in cui intende affrontare il percorso educativo con il proprio figlio”.

Dalla Gran Bretagna la tesi provocatoria del comportamentista 'canino'

Tra le tante disamine sull'argomento presenti nella letteratura scientifica, una delle ultime voci “autorevoli”, ripresa recentemente dai maggiori quotidiani inglesi, propone una soluzione al tempo stesso semplice e disarmante: con i bambini, tanto più se piccoli, il metodo da adottare è lo stesso che si usa quando si a che fare.... con i cani.

Il virgolettato sull'aggettivo autorevoli, in questo caso, è d'obbligo. Perché a fare questa provocatoria affermazione è Pat Moore, un noto e affermato comportamentista, il cui ramo d'azione è però il mondo animale. Moore è infatti il responsabile della sezione “comportamento” al Battersea Dogs & Cats Home, una vera e propria istituzione britannica (ha sede a Londra, nel quartiere Battersea, dal 1871) nel campo del volontariato in aiuto di cani e gatti.

A sentir lui, il parallelo tra cani e bimbi sarebbe del tutto ovvio: come gli animali da compagnia, anche i cuccioli di umano non sono in grado di esprimere il loro punto di vista. Entrambi, in quanto inesperti, non hanno alcuna idea di come ci si comporta in determinate situazioni.È per questo che anche con i bambini si dovrebbe adottare la strategia usata per i cani. Cioè fornir loro una guida precisa e sicura, impartendo i “comandi” con frasi brevi e chiare accompagnate da gesti facilmente riconoscibili: mimica facciale e tono della voce su tutti.

“Ma attenzione - spiega Moore - che questo non significa usare la propria voce urlando gli ordini, come si sente fare a certe mamme esasperate dai capricci dei figli al supermercato”. La voce deve essere ferma e sicura, decisa, non alterata dalla rabbia o dalla disperazione! E il messaggio deve essere chiarissimo.

Il paragone con i cani può apparire inopportuno e anche magari offensivo, ma in quello che afferma Moore c'è senz'altro del vero.Ci sono studi pedagogici, per esempio, che dimostrano che la strategia, ormai assodata ed efficacissima per l'addestramento degli animali, di indirizzare al comportamento corretto premiandolo, anziché castigare il comportamento sbagliato, è assolutamente funzionante anche con gli esseri umani in erba.

È quello che Moore chiama “rafforzamento positivo” (meglio prevenire che curare), che il comportamentista inglese caldeggia anche per i bimbi.Moore però incoraggia a non abusare dei premi per i comportamenti corretti. Se un premio viene elargito con troppa facilità, finisce con il perdere il suo valore gratificante. Meglio quindi riservarlo per le occasioni davvero speciali.

In queste ultime affermazioni di Moore, al di là del contenuto specifico, c'è indubbiamente un aspetto fondamentale di fondo.“Quando Moore afferma, per esempio, che le spiegazioni e le parole devono essere semplici e dirette, o che funziona di più la linea del premio rispetto a quella della punizione” - spiega Paola Marchionne - esperta psicopedagogista, consulente educativa per educare.it e per le scuole di ogni ordine e grado - “quello che deve essere colto è il fatto che parla di un sistema che si inserisce in un contesto generale che ha a che fare con l'educazione e le scelte a essa correlate. Non si tratta, quindi di fornire solamente una risposta al singolo capriccio, ma di uniformarla al proprio modo di essere genitori”.

Fonte;http://www.nostrofiglio.it/bambino-1-3-anni/capricci/Capricci_senza_controllo_Ovvero_i_temper_tantrum.html
 
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